Le psicologhe di Liberamente Donna contro il Ddl Pillon

Le psicologhe e psicoterapeute dell’Associazione Libera…mente Donna, impegnate da anni nel contrasto alla violenza di genere e la tutela di donne e minori, facendo riferimento alla letteratura scientifica sussistente e all’esperienza maturata nei Centri Antiviolenza, ritengono il ddl n. 735 presentato dal Senatore Pillon ed altri, lesivo per il benessere psicologico dei minori e delle loro madri. Dati Istat riportano che il 50% delle separazioni implicano uno scenario di violenza domestica. Riteniamo pertanto che non si possa negligere questo dato. Nello specifico, vorremmo esprimere il nostro dissenso rispetto a specifici articoli nel ddl presentato.
Art 7 Punto 2. La mediazione familiare è una pratica importante da considerare però facoltativa, al pari della psicoterapia. Sebbene utile in situazioni non interessate dalla violenza domestica, risulta inapplicabile e in molti casi pericolosa per le donne che subiscono violenza da parte del padre dei propri figli. La Convenzione di Istanbul del 2011 Art 48 punto 1, ratificata dall’Italia nel 2013, vieta infatti l’utilizzo della mediazione familiare nei casi di violenza domestica.
Art 11 Punto 2. La divisione del tempo da passare con i propri figli nell’ottica di una bigenitorialità paritetica dovrebbe prevedere una stessa responsabilità genitoriale sul piano della presa in carico dei bisogni del proprio figlio. È riduttivo pensare che basti dividere il tempo in parti uguali per garantire la genitorialità di entrambi. Il minore appare così un bene materiale da spartire tutelando il diritto del genitore, senza tenere in considerazione il suo benessere, il suo “luogo-famiglia”, la sua casa, la sua rete sociale. In casi di violenza domestica, che ricordiamo essere la metà esatta delle separazioni in Italia, questo esporrebbe le donne a soprusi perpetrati nel tempo da parte dall’ex coniuge, a partire dalla scelta del medico vista la doppia residenza, fino alla scelta della scuola.
Art 17. La PAS (Sindrome di Alienazione Parentale) proposta alla comunità scientifica dal Dr Gardner nel 1985 non è stata mai considerata come patologia per la mancanza nel suo costrutto di serie basi logiche e scientifiche (Bruch, 2002). È una patologia dichiarata inesistente dal Ministero della Sanità, assente in DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e ICD-10 (Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati), rifiutata dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici, la Società italiana di pediatria, l’Ordine degli Psicologi della Regione Lazio, la Rete nazionale dei centri antiviolenza (DiRe), e dichiarata pericolosa dal National District Attorneys Association (Istituto di ricerca dei procuratori americani) e dall’Associazione Spagnola di Neuropsichiatri. I fenomeni di ritiro dell’affetto da parte del bambino nei confronti del genitore maltrattante o abusante dopo la separazione, vanno letti nell’ottica di una reazione di legittima difesa alla violenza assistita o subita dentro le mura di casa. Non prendere in considerazione le cause prime di tali atteggiamenti o comportamenti porta a colludere con un sistema adultocentrico che non tiene presente il vissuto di sofferenza dei bambini vittime di violenza assistita.

 

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