La guerra non è una soluzione ma la premessa a gravi violazioni dei diritti umani

Il TG straordinario ha fatto irruzione nella mattina del 14 aprile 2018, riportando la notizia del  bombardamento in Siria sferrato da USA, Gran Bretagna e Francia, con la motivazione di eliminare le armi chimiche in mano al dittatore Bashar al Assad.

Le parole del telegiornale risuonano come una sirena di allarme: stiamo per entrare in guerra. Superata la reazione a una notizia straordinaria, i fatti meritano una riflessione più ampia.

La guerra in Siria dura da sette anni. Il News Giornaliere “Guerre nel Mondo” conta ad oggi 67 Stati coinvolti in conflitti violenti, in Africa, Asia, Europa, Medio Oriente e Americhe;  nel 2017 il Conflict Barometer ha stimato 222 conflitti violenti in atto.

Il conflitto che coinvolge la Siria non ha avuto inizio il 14 aprile 2018, ma gli accadimenti di questa mattina hanno il merito di richiamare la nostra attenzione: le bombe cadono lontane, per ora, dalle nostre case, ma la guerra ci riguarda sempre, perché annienta, colpisce, terrorizza e umilia gli esseri umani.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) l’11 aprile sottolineava “l’allarme per i crescenti bisogni umanitari in Siria” e parlando di guerra, sentiamo il dovere di assumerci una responsabilità di fronte a chi muore e a chi fugge per non morire.

La voce delle donne contro la guerra si è sollevata numerose volte nella Storia, anche quando il pensiero delle donne non poteva accedere ai luoghi istituzionali, dove le decisioni belliche venivano prese. Oggi possiamo contare qualcuna di noi in più nelle Istituzioni, ma forse siamo ancora lontane dal far permeare una modalità differente di agire il conflitto.

Il movimento delle donne è rivoluzionario e in quanto tale è costantemente in lotta, ma non in guerra.

Il movimento delle donne esige diritti e libertà e da sempre lotta contro la violenza. La guerra nasce in un sistema di potere in cui le volontà si ottengono o si riaffermano attraverso la violenza.

Alle 17:49 i giornali italiani riportano che gli USA rispondono all’ONU: “è finito il tempo delle parole”, un’affermazione dall’impatto deflagrante e non meno aggressiva dei bombardamenti nella notte o degli atti di forza che li hanno preceduti.

Il movimento delle donne ci ha insegnato che le parole contribuiscono a costruire i pensieri che a loro volta  danno forma alle azioni.

Le donne invitano da sempre gli Stati a riconoscere il valore della parola e della necessità di nuove modalità relazionali. Le donne continuano ad affermare l’opposizione ad ogni violazione dei diritti umani.

Le socie di Libera…Mente Donna ETS attraverso queste poche righe non vogliono esaurire un dibattito complesso come quello che richiederebbe la situazione internazionale, ma preoccupate e sgomente per le conseguenze della guerra che affliggono donne, bambine e bambini, e uomini in ogni parte del pianeta sentono l’esigenza di contribuire, dichiarando, ancora una volta, il proprio rifiuto nei confronti di ogni forma di violenza.